Il nemico della sinistra non è Salvini
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IL NEMICO DELLA SINISTRA NON E' SALVINI di Marcello Veneziani
Ma chi è il nemico principale della sinistra? Voi direte Salvini o il centauro Salvini-Meloni. Ma vi sbagliate. E andando a ritroso avreste risposto Berlusconi, o prima ancora Craxi, Fanfani o Almirante. O al tempo dell'anticapitalismo, i "padroni".
Ma anche in quei casi sareste stati approssimativi, avendo ragione sul piano superficiale e contingente. Il vero nemico storico, ontologico, assoluto della sinistra - sia in versione comunista che radicale e progressista - è la realtà.
E questo spiega gli appelli infruttuosi che lanciano i suoi leader e i suoi chierici a ritrovare il rapporto con la gente, a rifarsi un'anima, un popolo e una passione sociale, o viceversa a spiegare, senza mai spiegarselo, come mai avviene il travaso di consensi in territori e quartieri proletari, da sinistra ai sovranisti.
LA SINISTRA È CONTRO LA REALTÀ
Rifiuta la realtà, la natura, l'esperienza, il senso comune e il sentire popolare. Qualche giorno fa in tv, Corrado Augias ha detto un'apparente sciocchezza. Ha detto che essere di destra è molto più facile che essere di sinistra. Di primo acchito sobbalzerete. [...]
Però Augias voleva dire forse qualcos'altro. Essere di sinistra è più difficile perché vai controsenso cioè contro il corso naturale della realtà.
In principio fu il comunismo e la sua essenza malefica fu l'abolizione della realtà: "il comunismo abolisce lo stato di cose presenti" proclamano Marx ed Engels. È il sogno di un mondo nuovo, di una società perfetta, contrapposta al mondo reale e alla società imperfetta in cui da sempre viviamo e che dovremmo sacrificare in nome di quella migliore che verrà. Il '68 fu la versione aggiornata dell'irrealismo: il rifiuto della realtà nel nome dell'immaginazione, della natura nel nome del desiderio, della tradizione nel nome dell'emancipazione, dell'autorità nel nome della libertà assoluta, dei meriti nel nome dei diritti.
Ma anche oggi la sinistra più sofisticata adotta una visione correttiva della realtà che viene chiamata non a caso politically correct, e che avversa la natura, l'esperienza, la storia, la tradizione, il senso comune, nel nome di un moralismo ideologico e lessicale che produce da un verso ipocrisia e dall'altro intolleranza. Ipocrisia perché non puoi chiamare le cose col loro nome, non puoi indicare la realtà per quello che è e per come l'hai davvero conosciuta nell'esperienza personale e tramandata. Ma se ti ostini a farlo, se non ti adegui e non ti correggi, incorri nelle sanzioni dell'intolleranza.
La sinistra non accetta la natura, non accetta i limiti e i confini imposti dalla vita; respinge gli assetti consolidati nel tempo; disconosce o colpevolizza le molle naturali dell'umanità, da quelle economiche a quelle affettive, dalla legittima aspirazione al riconoscimento dei propri meriti e delle proprie capacità, alla motivazione personale del profitto e del miglioramento economico-sociale; dalla preferenza in amore e solidarietà verso i famigliari, gli amici, i connazionali, alla tutela delle proprie identità. Rovescia la realtà, ribalta l'ordine della carità e della vita, spezza il legame tra diritti e doveri, tra azioni e responsabilità, tra libertà e suoi limiti.
L'ODIO PER TUTTO CIÒ CHE È NOSTRANO
Qui si manifesta quell'indole che Roger Scruton definisce oicofobia, l'odio per tutto ciò che è nostrano e la preferenza per tutto ciò che viene da fuori, dall'esterno, da lontano. Si potrebbe anzi compilare un elenco delle fobie serpeggianti oppure ostentate che sono agli antipodi di quelle - come la xenofobia, l'islamofobia, l'omofobia - verso cui viene sancita condanna e riprovazione: l'italofobia, ossia il rigetto del senso di appartenenza e di preferenza nazionale, la cristofobia, ossia la rimozione dei simboli della civiltà e della tradizione religiosa, la familofobia, ovvero il rigetto di tutto quanto riguarda la famiglia naturale, la paternità e la maternità, i legami di sangue, la casa. Prevale il razzismo etico in base al quale tutto ciò che proviene dalla realtà, dalla natura, dalla civiltà e della tradizione deve essere condannato e capovolto. Certo, la natura lasciata a se stessa è solo basic istinct, la realtà allo stato spontaneo è rozzezza, egoismo; l'identità non è inerzia, la tradizione non è ripetizione. Ma un conto è educare, formare secondo il precetto antico "Divieni ciò che sei"; un altro è liberarsi, disfarsi, divenire ciò che non sei, ma ciò che vorresti che fosse. Un conto è il realismo selettivo, un altro è l'utopia contro la realtà.
Da questa scelta culturale di fondo discende sul piano pratico e politico quel continuo schierarsi contro il sentire comune, contro il buon senso, gli interessi e le preoccupazioni della gente. Trascurando la richiesta di sicurezza e di identità, la paura dell'ignoto e dell'oscurità, o viceversa lo spaesamento, la perdita dei confini, la piramide capovolta dei rapporti di cittadinanza, la preferenza a tutto ciò che viene da fuori e da lontano.
Poi ogni tanto, nella terapia di gruppo si chiedono: ma dove abbiamo sbagliato, perché il popolo ci è contrario? Perché hanno dichiarato guerra alla realtà.
Per carità, sempre nel nome della pace...
Odiano, ma a fin di bene.
Nota di BastaBugie: non ci stancheremo mai di consigliare la visione dello straordinario video "La battaglia contro la realtà" (durata: 2 minuti) tratto da un film discutibile, ma che in questo spezzone raggiunge un vertice di saggezza.
Gli adepti del Fronte Popolare di Giudea confabulano azioni terroristiche contro i nemici di sempre: i romani. Un uomo vuole che la battaglia dei gay di avere figli venga condivisa dagli amici di quel fronte. Ecco allora che uno degli esponenti più saggi del gruppo si domanda se quella non sia una sterile "battaglia contro la realtà". Essere "contro la realtà" è infatti la prerogativa di ogni ideologia. Ieri comunismo e nazionalsocialismo, oggi animalismo, ambientalismo, movimento gay...
Ecco dunque l'esilarante ma serissimo video, seguito dal nostro commento alle frasi più significative.
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IL NEMICO DELLA SINISTRA NON E' SALVINI di Marcello Veneziani
Ma chi è il nemico principale della sinistra? Voi direte Salvini o il centauro Salvini-Meloni. Ma vi sbagliate. E andando a ritroso avreste risposto Berlusconi, o prima ancora Craxi, Fanfani o Almirante. O al tempo dell'anticapitalismo, i "padroni".
Ma anche in quei casi sareste stati approssimativi, avendo ragione sul piano superficiale e contingente. Il vero nemico storico, ontologico, assoluto della sinistra - sia in versione comunista che radicale e progressista - è la realtà.
E questo spiega gli appelli infruttuosi che lanciano i suoi leader e i suoi chierici a ritrovare il rapporto con la gente, a rifarsi un'anima, un popolo e una passione sociale, o viceversa a spiegare, senza mai spiegarselo, come mai avviene il travaso di consensi in territori e quartieri proletari, da sinistra ai sovranisti.
LA SINISTRA È CONTRO LA REALTÀ
Rifiuta la realtà, la natura, l'esperienza, il senso comune e il sentire popolare. Qualche giorno fa in tv, Corrado Augias ha detto un'apparente sciocchezza. Ha detto che essere di destra è molto più facile che essere di sinistra. Di primo acchito sobbalzerete. [...]
Però Augias voleva dire forse qualcos'altro. Essere di sinistra è più difficile perché vai controsenso cioè contro il corso naturale della realtà.
In principio fu il comunismo e la sua essenza malefica fu l'abolizione della realtà: "il comunismo abolisce lo stato di cose presenti" proclamano Marx ed Engels. È il sogno di un mondo nuovo, di una società perfetta, contrapposta al mondo reale e alla società imperfetta in cui da sempre viviamo e che dovremmo sacrificare in nome di quella migliore che verrà. Il '68 fu la versione aggiornata dell'irrealismo: il rifiuto della realtà nel nome dell'immaginazione, della natura nel nome del desiderio, della tradizione nel nome dell'emancipazione, dell'autorità nel nome della libertà assoluta, dei meriti nel nome dei diritti.
Ma anche oggi la sinistra più sofisticata adotta una visione correttiva della realtà che viene chiamata non a caso politically correct, e che avversa la natura, l'esperienza, la storia, la tradizione, il senso comune, nel nome di un moralismo ideologico e lessicale che produce da un verso ipocrisia e dall'altro intolleranza. Ipocrisia perché non puoi chiamare le cose col loro nome, non puoi indicare la realtà per quello che è e per come l'hai davvero conosciuta nell'esperienza personale e tramandata. Ma se ti ostini a farlo, se non ti adegui e non ti correggi, incorri nelle sanzioni dell'intolleranza.
La sinistra non accetta la natura, non accetta i limiti e i confini imposti dalla vita; respinge gli assetti consolidati nel tempo; disconosce o colpevolizza le molle naturali dell'umanità, da quelle economiche a quelle affettive, dalla legittima aspirazione al riconoscimento dei propri meriti e delle proprie capacità, alla motivazione personale del profitto e del miglioramento economico-sociale; dalla preferenza in amore e solidarietà verso i famigliari, gli amici, i connazionali, alla tutela delle proprie identità. Rovescia la realtà, ribalta l'ordine della carità e della vita, spezza il legame tra diritti e doveri, tra azioni e responsabilità, tra libertà e suoi limiti.
L'ODIO PER TUTTO CIÒ CHE È NOSTRANO
Qui si manifesta quell'indole che Roger Scruton definisce oicofobia, l'odio per tutto ciò che è nostrano e la preferenza per tutto ciò che viene da fuori, dall'esterno, da lontano. Si potrebbe anzi compilare un elenco delle fobie serpeggianti oppure ostentate che sono agli antipodi di quelle - come la xenofobia, l'islamofobia, l'omofobia - verso cui viene sancita condanna e riprovazione: l'italofobia, ossia il rigetto del senso di appartenenza e di preferenza nazionale, la cristofobia, ossia la rimozione dei simboli della civiltà e della tradizione religiosa, la familofobia, ovvero il rigetto di tutto quanto riguarda la famiglia naturale, la paternità e la maternità, i legami di sangue, la casa. Prevale il razzismo etico in base al quale tutto ciò che proviene dalla realtà, dalla natura, dalla civiltà e della tradizione deve essere condannato e capovolto. Certo, la natura lasciata a se stessa è solo basic istinct, la realtà allo stato spontaneo è rozzezza, egoismo; l'identità non è inerzia, la tradizione non è ripetizione. Ma un conto è educare, formare secondo il precetto antico "Divieni ciò che sei"; un altro è liberarsi, disfarsi, divenire ciò che non sei, ma ciò che vorresti che fosse. Un conto è il realismo selettivo, un altro è l'utopia contro la realtà.
Da questa scelta culturale di fondo discende sul piano pratico e politico quel continuo schierarsi contro il sentire comune, contro il buon senso, gli interessi e le preoccupazioni della gente. Trascurando la richiesta di sicurezza e di identità, la paura dell'ignoto e dell'oscurità, o viceversa lo spaesamento, la perdita dei confini, la piramide capovolta dei rapporti di cittadinanza, la preferenza a tutto ciò che viene da fuori e da lontano.
Poi ogni tanto, nella terapia di gruppo si chiedono: ma dove abbiamo sbagliato, perché il popolo ci è contrario? Perché hanno dichiarato guerra alla realtà.
Per carità, sempre nel nome della pace...
Odiano, ma a fin di bene.
Nota di BastaBugie: non ci stancheremo mai di consigliare la visione dello straordinario video "La battaglia contro la realtà" (durata: 2 minuti) tratto da un film discutibile, ma che in questo spezzone raggiunge un vertice di saggezza.
Gli adepti del Fronte Popolare di Giudea confabulano azioni terroristiche contro i nemici di sempre: i romani. Un uomo vuole che la battaglia dei gay di avere figli venga condivisa dagli amici di quel fronte. Ecco allora che uno degli esponenti più saggi del gruppo si domanda se quella non sia una sterile "battaglia contro la realtà". Essere "contro la realtà" è infatti la prerogativa di ogni ideologia. Ieri comunismo e nazionalsocialismo, oggi animalismo, ambientalismo, movimento gay...
Ecco dunque l'esilarante ma serissimo video, seguito dal nostro commento alle frasi più significative.
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